mercoledì 5 agosto 2020

Senza la musica la vita sarebbe un errore



Talvolta penso a cosa sarebbe la vita senza la musica, senza quella cosa che sento e che mi comunica forse più di qualsiasi scambio di opinioni. Penso a come essa parli direttamente alla mia anima, solleticando le corde più intime del mio essere fino a modificare il mio stato d'animo, in positivo o negativo che sia.
Ma davvero! Ed in modo estremo, tanto da considerarla il primo ed unico strumento meditativo/ipnotico/psicologico con cui sia mai entrato in simbiosi.
Mettersi lì con le cuffie, ingannarsi, lasciarsi trasportare.
Gli altri non importano, sempre se esistono. Non esistono: "the world is just an illusion".

Cosa sarebbe quindi? Sarebbe altro, Altro. Non riuscirebbe a riempirsi così facilmente di un senso così forte e pervasivo, così innato da dirmi "sì cazzo, sì, ecco il senso di questo momento, esaltalo, sii te stesso e basta, è per questo che sei qui ora vivilo!". Non trovo altro che vibri così nativamente con il senso delle cose e che riempia di significato l'esistenza. Eppure ogni tanto penso che sarebbe un mondo migliore. Emme minuscola sì, ma più apatico e più asettico, meno eccitante ma più tollerabile, vivibile, malleabile. Non mi metto le cuffie e non mi sento estraneo al mondo, non smetto di stare nel flow in virtù di qualcosa che fuori dal flusso della vita si permette di dare un giudizio ultimo.
L'arte tragica, e in forma musicale? Pura estasi. Assenza di inibizioni. Zitto e ascolta.

Credo, da non musicista, che la musica ci dia tanto, ma estremizzi noi stessi e, in tal senso, ci possa fare anche molto male.
Credo, per un 51%, che sia per un bene superiore.

Penso a Scott Benson e il suo Requiem for a Dream, a come esso artiglia l'anima fino a che questa soffoca sotto un peso troppo grave per essere sopportato. Non voglio guardarlo o sentirlo, ma la sento togliermi il respiro.

Penso ai malinconici ritmi di Gotye ed il suo Somebody that I Used to Know, al mood asettico e rassegnato ma tuttavia consapevole, penso a come incarni bene un rifiuto calmo e fermo. Non voglio provarlo, ma lo conosco.

Penso poi al rifiuto violento di Lonely Day e Cocaine, o a quelli più concilianti di Alfonso e Sadness is a Blessing. Non voglio condividerli, ma sono sensati. Sono reali.

Penso all'invincibilità che provo con un Unstoppable od uno Space & Time indipendentemente da tutto. Una volta ogni tanto.

Penso a come Radio Protector e China Town, due mondi tanto disgiunti, mi animino alla scrittura, a come il Cantico dei Drogati mi faccia sapere che non sono l'unico a percepire un inenarrabile disagio nell'esistere. Non credo di incarnarli al meglio, ma esprimono tanto invece di rinchiudersi nel niente.

Penso alla calma ed accettazione di Your Hand in Mine, od ai ritmi beatificanti di Peder Helland. A come siano l'unico e vero farmaco per accettare i momenti no come momenti no e basta. Ad aprire il cuore a tutto quello che rimane. È musica, è vita, è possibilità.

Penso a come All is Violent All is Bright sia la risposta fondamentale alla vita l'universo e tutto quanto.
Come l'ho pensato di Worldend Dominator.
Come l'ho pensato di Demons.
Non trovo parole per questi, solo sospiri ed ammirazione.

È così SOLO (?) per le esperienze che ho legato a tali ascolti? Come sarebbe stata la mia vita senza essi? È la vita ad avere influenzato la percezione di essi o essi ad aver influenzato la percezione della vita, maratona dopo maratona? Che note deciderò di ammettere nel mio domani? Un lamento che potrebbe esso stesso essere musica, ma cade nel vuoto alla affannata ricerca delle melodie più affamate di significato. Per ora.

Credo, tutto sommato, che Nietsche abbia ragione: senza la musica la vita sarebbe un errore.

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